sabato 30 luglio 2016

Dionigi di Alicarnasso, facendo riferimento ad un'opera[14] del reatino Marco Terenzio Varrone, elenca una serie di città, dove Lista era la capitale, fondate dagli Aborigeni, tutte in quello che sarebbe diventato territorio sabino:[15]
  • lungo la Via Quintia si trovavano:
    • Palatium a 25 stadi (circa 4,5 km) da Rieti;
    • Tribula (o Trebola), a 60 stadi (circa 11 km) da Rieti;
    • Suesbula (o Vesbola), a 60 stadi da Tribula;
    • Suna (o Soana), dove si trovava un antico tempio dedicato a Marte, a 40 (circa 7,4 km) stadi da Suesbula;
    • Mefula (o Mifula), dove si trovava un tempio dedicato a Minerva, a 30 (circa 5,5 km) stadi da Suna;
    • Orvinium, a 40 stadi da Mefula;
    • Corsula, ad 80 (circa 14,8 km) stadi da Rieti;
    • Maruvium

martedì 26 luglio 2016

 
Archeologia del Vaticano (S. Elpidio, Alzano, Torre di Taglio, Castagneta e Petrignano)


Scrivevamo un anno fa sulle testimonianze archeologiche del Cicolano- Col il mio caro amico Bernardo Ricciardi andiamo a bussare infruttuosamente alle porte dei sindaci, delle autorità locali, dei paludati studiosi del luogo. NIENTE.

Restano senza tutela, in totale abbandono almeno i tre grandi insediamenti archeologici del VATICANO (S. Elpidio, Castagneta, Alzano e Petrignabo = rima con Vaticano).

Una grande quercia il convento dell'anno MILLE (accaparratosi dagli Urbani) lo sta letteralmente spallando;

la città romana di Suna, il Lugini la descrive, ma oggi ove sia nessun lo dice;

il percorso sella via consolare Cecilia sta ancora tra i dubbi del Lugini e del Persichetti.

Intanto tracciati ed epigrafi manomessi  ed anche distrutti.

Il sindaco di Pescorocchiano che ci sta a fare?

L'Aviano del Beni archeoligici di Roma che ha da dire?

Silvi  che ha da scrivere?

Calogero Taverna

Altre presenze archeologiche
il Cicolano è fortemente interessato da presenze archeologiche disseminate nel vasto territorio. Le indagini di superficie, in cor...so da diverso tempo, hanno permesso l'individuazione di numerosi siti inquadrabili in un lungo arco cronologico. Ad esempio nella piana di Corvaro, che costituisce fin dalla più remota antichità un fondamentale tramite tra la conca reatina e l'area del Fucino, l'indagine archeologica e territoriale ha consentito di individuare, oltre al grande tumulo ed all'area sacra di S. Erasmo, anche tracce di insediamenti riferibili a varie epoche storiche
Santa Maria delle Grazie Muro di sostruzione in opera poligonale

Infatti presenze relative al Bronzo antico (ca. 2200-1700 a.c.) e medio (ca. 1700-1300 a.C.) sono state individuate nel corso dei lavori per la costruzione della superstrada Salto- Cicolana: sembrerebbe comunque trattarsi di un'occupazione temporanea e non permanente del sito.Sul monte Frontino, che sovrasta l'attuale centro di Corvaro, sono stati rinvenuti i resti di una cinta muraria in opera poligonale, nei cui pressi è stato possibile recuperare, tra gli altri frammenti, una fibula in bronzo con arco a losanga (VIII sec. a. C.) e numerosi frammenti ceramici di impasto.
In un'area posta a nord-nord/est del tumulo è stata messa in evidenza una serie di strutture murarie realizzate in più fasi tra i materiali, rinvenuti al di sotto di un crollo di tegole, va segnalata la presenza di ceramica a vernice nera della forma Morel2787 inquadrabile nella media età repubblicana (fine IV-inizi III sec. a.c.). In prossimità di queste strutture, non lontano dal tumulo, è stata individuata un'ampia area di frammenti fittili fortemente addensati inquadrabile principalmente tra l'età repubblicana e la prima età imperiale, anche se con sporadiche attestazioni di materiale in impasto ascrivibile verosimilmente all'età arcaica. A giudicare dall'estensione dell'area, e sulla base della tipologia e della concentrazione dei materiali si può avanzare, anche se con cautela, l'ipotesi che possa trattarsi di un vicus (villaggio).
Tracce di un altro vicus, noto dall'epigrafia e fiorente in età repubblicana, sono venute in luce in località Colle Pezzuto lungo una presunta strada romana che si dirigeva verso Cartore. Strutture pertinenti ad una villa romana, caratterizzate da un muro di sostruzione in opera poligonale ed opera incerta, e da una struttura ipogea (criptoportico o cisterna) in opera cementizia, sono state individuate in località Madonna delle Grazie. Va inoltre ricordata la presenza di blocchi in opera poligonale, di incerta provenienza, reimpiegati in alcuni muri a secco nei pressi della rocca rinascimentale di Corvaro. Nella vicina Torano nella seconda metà del Novecento furono individuate delle sepolture, oggetto di scavi non scientifici, contenenti oggetti databili ad età arcaica (VI - V sec. a.C.). Vale la pena ricordare che diversi materiali provenienti dalla valle del Salto si conservano in differenti musei, come ad esempio i numerosi manufatti di epoca protostorica provenienti dalla grotta di VaI de' Varri, che attualmente si conservano a Roma nel Museo Nazionale Preistorico e Etnografico "L. Pigorini" gli ex-voto rinvenuti a S. Erasmo, che si trovano a Roma nei locali del Museo Nazionale Romano, insieme al rilievo con la raffigurazione di Mitra proveniente da Nersae la piccola base con iscrizione rinvenuta ad Alzano, nel santuario della Grotta del Cavaliere, custodita a Borgo S. Pietro (Petrella Salto) nel piccolo museo annesso al Monastero delle Clarisse.
















domenica 24 luglio 2016


Per il rilancio di Pescorocchiano





Non sono cicolano, ma sono legatissimo al Cicolano. A questo lembo di paradiso che si diparte dal mezzo della vallata sotto il Velino sino alle bocche di Caprodosso.. e da lassù dalla radura soave e pastorizia di Racino sino alle porte di ciò che si disse lo Stato Pontificio.

Sono siciliano, provengo da un paese che diede i natali ad uno scrittore eccelso che oggi comincia a declinare, parlo di Racalmuto patria di Leonardo Sciascia. Mi sento legato però a questa terra tra Rieti e l'Aquila anche perché mia dimora estiva, quando fuggo da una Roma in caldo umido. Mi accoglie Santa Lucia di Fiamignano in una casetta che mia moglie, figlia di una antica famiglia di antiche radici nella Baronia, possiede a metà con una sua nipote.

Conosco quindi i problemi amministrativi di almeno metà del Cicolano, di Pescorocchiano e Fiamignano. So come si dibattono in difficoltà insormontabili i rispettivi sindaci, le rispettive giunte, i rispettivi consigli. Gli impiegati sono diligenti e cercano il meglio per le cittadinanze. Faccio il confronto con la Sicilia. a qui, nel Cicolano, non c'è mafia, non vi sono infiltrazioni mafiose, le amministrazioni non si sciolgono perché visitatori prefettizi inventano motivi per chiedere alla signoura ministro degli interni commissariamenti.

Ma qui talora fragilità conoscitive di leggi, leggine, provvedimenti, regolamenti, competenze, espoliazioni, arroganze, sono lesive. Manca una vigilanza democratica.

Per mestiere, per incombenze varie, per incarichi ministeriali, per studi e ricerche, per investigazioni storiche, ho qualche freccia al mio arco per taluni suggerimenti, per certe astuzie amministrative, per inusuali impostazioni di bilancio, per una più accorta politica fiscale ed altro.

Sono stato ieri a parlare con il signor sindaco di Pescorocchiano. Persona degna, rispettosa e rispettabile, capace di ascoltare senza degnazione o arroganza. In tanto concordiamo; per alcune questioni, no.

Non condivido le pretese della curia vescovile quanto a Nerse. A Nerse fu trovata una lapide di eccezionale valore storico ed archeologico. Era incisa in osco. Si trova rappresentata e commentata nei CIL del Mommsen, oltre ad essere mirabilmente inquadrata dal sempre più sorprendente testo del grande medico Domenico Lugini. La civiltà osca - precedente addirittura a quella romana - è ancora molto in ombra. La landa di Nersae non può restare così abbandonata, senza neppure un segnale turistico, non recintata, non protetta. La curia se davvero ne è proprietaria avrebbe obblighi di conservazione e di tutela che ictu oculi non sono rispettati. C'è materia per provvedimenti di rigore. Se la cura vescovile getta ombre inibenti sulle pubbliche autorità civili, il Comune non può non reagire. Né valgano pretese economiche esose: se ho ben capito la curia non ha titoli di proprietà; non subentra per fantasiose usucapioni a vecchie confraternite che curavano le sepolture nel sottosuolo delle chiese con diritto alla c.d. quartarie.

L'infiltrazione longobarda arriva a Pescorocchiano. Non mi risulta che sia davvero arrivata a Fiamignano o a Santa Lucia di Fiamignano. A Val di Varri si rinviene una tomba di un guerriero longobardo. Finisce in un primo tempo con grande onore e bella ricostruzione nel Museo Pigorini di Roma. Di questi anni, è però la rimozione della tomba e pare che tutto sia finito incomposto nei sotterranei. E' dovere dell'amministrazione di Pescorocchiano chiedere conto e ragione al Pigorini e se a loro non serve, bene si restituisca la tomba al Comune che potrebbe e dovrebbe collocarla in un antiquarium dentro il recuperato maniero dei Morelli o altrove in qualcuno dei tanti edifici pubblici chiusi. Se poi i privati nicchiano, il comune eserciti la giusta vigilanza sull'assolvimento dei tanti tributi locali che non credo regolarmente assolti. Come dicono i gesuiti, in taluni casi la compensazione di coscienza è permessa e non è peccato di furto o nel nostro caso di pubblico ricatto.

Non parlo qui del Castello di Macchiatimone che va salvaguardato. Mi si dice: e i soldi? Lasciando da parte i fondi comunitari - che se incentrati in intelligenti progetti, sono facilmente reperibili - vi sono poi le doverose impostazioni in bilancio dei crediti di imposta, anticipabili dalla Cassa DD. e PP. e monetizzabili dalla banca tesoriera con operazioni che noi in vigilanza BI denominavano "operazioni ponte".

Vi è poi la questione in sospeso dei proventi dall'occupazione delle acque del lago Salto. Le superfetazioni per distribuire appannaggi ad amministratori del nulla vanno ripensate e soprattutto disciolte. Noi non siamo né per l'accorpamento della provincia con Viterbo né con l'Aquila, ma siamo per la provincia a Rieti. I parametri per dire che si scioglie una provincia perché di territorio o di popolazione insufficiente non le ha imposto il medico. I parametri vanno ripensati. Se ha una provincia ha tradizioni antiche, acclarati ancoraggi con il territorio, non è l'invenzione recente per dare sfogo a questo o a quel satrapo politico, non ci si può appigliare al regresso abitativo di poche migliaia di persone magari per una vorace requisizione del terrirorio da sistemare ad invaso di laghi artificiali che producono energia elettrica per vastissime regioni. Al danno si vuole aggiungere la beffa?

Tralascio la faccenda dell'ACEA di Roma fruitrice delle acque del Cicolano. Certo la presenza di tre piccoli evanescenti comuni con diritti capitari, capaci di imporre la loro personalissima volontà ad un vasto territorio del grande comune limitrofo è faccenda da sistemare; sono comuni da sopprimere, questi sì e non province che tanto PIL producono come Rieti. Sì, signori di Roma, sciogliete Province come Rieti ed i vostri drammatici problemi di riavvio del prodotto interno lordo nazionale vedrete come si acuiscono, come il vostro PIL si riavvita.

Calogero Taverna

venerdì 22 luglio 2016

POGGIO POPONESCO VARIE
A QUELLI DEL CICOLANO
Signori miei, è inutile che ci giriamo attorno. Di fronte ad una pagina come questa del Lugini, l'ottocentesco medico Domenico Lugini c'è da rimanere esterrefatti. C'è forse una lapide commemorativa a Santa Lucia di Fiamignano? No! Perché? per campanilismo. Prima non era di Petrella e a Romanin non interessava; ora non è del Corvaro e non dico a chi non interessa, ma il nome ce l'ho sulla punta della lingua.
Una epigrafe di sconvolgente sapienza storica, dove sta? nel museo dell'Aquila? Ci sta ancora dopo il terremoto?
E' quella sotto? corrisponde al vero che trattasi di "un frammento di epigrafe in lingua OSCA che trovasi nel pavimento della vasca della fontana della villetta di Collemaggiore. Ricorda un 'Meddixtuticus' di NERSE"
Sempre colpa degli altri? Non è colpa anche nostra? Anche mia, che frequentando da quarant'anni Baccarecce e Santa Lucia di Fiamignano non ho attivato i canali cui potevo accedere per il debito recupero?
Questa estate ho parlato con il signor sindaco di Pescorocchiano: una grandissima e degnissima persona, credo che abbia detto: "ma questo è un maziano, cosa viene mai a rompere gli zebedei a me".
Perché gli ho rotto gli zebedei?
a) perché deve recuperare la tassa sull'occupazione del suolo pubblico da parte di codesti imprendibili privati arraffatisi il fascista ma giuspubblicistico LAGO DEL SALTO;
b) perché Nerse non è PROPRIETA' della CURIA VESCOVILE ed io che sono comunista me ne frego dei vescovi tanto amici dei democristiani tanto potenti anche bancariamente a Pescorocchiano. E perché la Curia non è proprietaria? Andate a guardare il catasto. Già, ed allora salta tutta la proprietà immobiliare del Cicolano vittima del geometra CAVALLARI. Ed a me che me ne frega! E tu PUBBLICO UFFICIALE sei condannato ad agire altrimenti incappi in omissioni di atti d'ufficio, in omissione di rapporto SENZA INDIGIO. Già e così non mi eleggono più! Già: e non ti eleggono più. E chi se ne frega.
c) Guardi che dice qui: che si tratta di lingua OSCA. Sa che significa che qui in questo paradisiaco lembo di terra ma in capo al mondo fioriva una civiltà, OSCA, ancor prima che i romani riuscissero ad imparare ad usare l'aratro a chiodo per quella nota storia di Romolo e Remo. E allora? Allora occorre che questo che è un PATRIMONIO DELL'UMANITA' diventi tutto u museo per la salvaguardia di beni irripetibili. Dunque sfrattiamo, per inziare, la Curia per possesso abusivo di ciò che è inalienabile, imprescrittibile, inusucapibile. Sì e così non mi eleggono più ancor più che pria!!!d) Ma basta? no. Bisogna indagare sull'origine del legittimo acquisto di quello che è il museo personale dei MORELLI.
Dove? a Nesce.
Etc. Etc. Calogero Taverna
POGGIO POPONESCO VARIE
A QUELLI DEL CICOLANO
Signori miei, è inutile che ci giriamo attorno. Di fronte ad una pagina come questa del Lugini, l'ottocentesco medico Domenico Lugini c'è da rimanere esterrefatti. C'è forse una lapide commemorativa a Santa Lucia di Fiamignano? No! Perché? per campanilismo. Prima non era di Petrella e a Romanin non interessava; ora non è del Corvaro e non dico a chi non interessa, ma il nome ce l'ho sulla punta della lingua.
Una epigrafe di sconvolgente sapienza storica, dove sta? nel museo dell'Aquila? Ci sta ancora dopo il terremoto?
E' quella sotto? corrisponde al vero che trattasi di "un frammento di epigrafe in lingua OSCA che trovasi nel pavimento della vasca della fontana della villetta di Collemaggiore. Ricorda un 'Meddixtuticus' di NERSE"
Sempre colpa degli altri? Non è colpa anche nostra? Anche mia, che frequentando da quarant'anni Baccarecce e Santa Lucia di Fiamignano non ho attivato i canali cui potevo accedere per il debito recupero?
Questa estate ho parlato con il signor sindaco di Pescorocchiano: una grandissima e degnissima persona, credo che abbia detto: "ma questo è un maziano, cosa viene mai a rompere gli zebedei a me".
Perché gli ho rotto gli zebedei?
a) perché deve recuperare la tassa sull'occupazione del suolo pubblico da parte di codesti imprendibili privati arraffatisi il fascista ma giuspubblicistico LAGO DEL SALTO;
b) perché Nerse non è PROPRIETA' della CURIA VESCOVILE ed io che sono comunista me ne frego dei vescovi tanto amici dei democristiani tanto potenti anche bancariamente a Pescorocchiano. E perché la Curia non è proprietaria? Andate a guardare il catasto. Già, ed allora salta tutta la proprietà immobiliare del Cicolano vittima del geometra CAVALLARI. Ed a me che me ne frega! E tu PUBBLICO UFFICIALE sei condannato ad agire altrimenti incappi in omissioni di atti d'ufficio, in omissione di rapporto SENZA INDIGIO. Già e così non mi eleggono più! Già: e non ti eleggono più. E chi se ne frega.
c) Guardi che dice qui: che si tratta di lingua OSCA. Sa che significa che qui in questo paradisiaco lembo di terra ma in capo al mondo fioriva una civiltà, OSCA, ancor prima che i romani riuscissero ad imparare ad usare l'aratro a chiodo per quella nota storia di Romolo e Remo. E allora? Allora occorre che questo che è un PATRIMONIO DELL'UMANITA' diventi tutto u museo per la salvaguardia di beni irripetibili. Dunque sfrattiamo, per inziare, la Curia per possesso abusivo di ciò che è inalienabile, imprescrittibile, inusucapibile. Sì e così non mi eleggono più ancor più che pria!!!d) Ma basta? no. Bisogna indagare sull'origine del legittimo acquisto di quello che è il museo personale dei MORELLI.
Dove? a Nesce.
Etc. Etc. Calogero Taverna
POGGIO POPONESCO VARIE
A QUELLI DEL CICOLANO
Signori miei, è inutile che ci giriamo attorno. Di fronte ad una pagina come questa del Lugini, l'ottocentesco medico Domenico Lugini c'è da rimanere esterrefatti. C'è forse una lapide commemorativa a Santa Lucia di Fiamignano? No! Perché? per campanilismo. Prima non era di Petrella e a Romanin non interessava; ora non è del Corvaro e non dico a chi non interessa, ma il nome ce l'ho sulla punta della lingua.
Una epigrafe di sconvolgente sapienza storica, dove sta? nel museo dell'Aquila? Ci sta ancora dopo il terremoto?
E' quella sotto? corrisponde al vero che trattasi di "un frammento di epigrafe in lingua OSCA che trovasi nel pavimento della vasca della fontana della villetta di Collemaggiore. Ricorda un 'Meddixtuticus' di NERSE"
Sempre colpa degli altri? Non è colpa anche nostra? Anche mia, che frequentando da quarant'anni Baccarecce e Santa Lucia di Fiamignano non ho attivato i canali cui potevo accedere per il debito recupero?
Questa estate ho parlato con il signor sindaco di Pescorocchiano: una grandissima e degnissima persona, credo che abbia detto: "ma questo è un maziano, cosa viene mai a rompere gli zebedei a me".
Perché gli ho rotto gli zebedei?
a) perché deve recuperare la tassa sull'occupazione del suolo pubblico da parte di codesti imprendibili privati arraffatisi il fascista ma giuspubblicistico LAGO DEL SALTO;
b) perché Nerse non è PROPRIETA' della CURIA VESCOVILE ed io che sono comunista me ne frego dei vescovi tanto amici dei democristiani tanto potenti anche bancariamente a Pescorocchiano. E perché la Curia non è proprietaria? Andate a guardare il catasto. Già, ed allora salta tutta la proprietà immobiliare del Cicolano vittima del geometra CAVALLARI. Ed a me che me ne frega! E tu PUBBLICO UFFICIALE sei condannato ad agire altrimenti incappi in omissioni di atti d'ufficio, in omissione di rapporto SENZA INDIGIO. Già e così non mi eleggono più! Già: e non ti eleggono più. E chi se ne frega.
c) Guardi che dice qui: che si tratta di lingua OSCA. Sa che significa che qui in questo paradisiaco lembo di terra ma in capo al mondo fioriva una civiltà, OSCA, ancor prima che i romani riuscissero ad imparare ad usare l'aratro a chiodo per quella nota storia di Romolo e Remo. E allora? Allora occorre che questo che è un PATRIMONIO DELL'UMANITA' diventi tutto u museo per la salvaguardia di beni irripetibili. Dunque sfrattiamo, per inziare, la Curia per possesso abusivo di ciò che è inalienabile, imprescrittibile, inusucapibile. Sì e così non mi eleggono più ancor più che pria!!!d) Ma basta? no. Bisogna indagare sull'origine del legittimo acquisto di quello che è il museo personale dei MORELLI.
Dove? a Nesce.
Etc. Etc. Calogero Taverna
LE NOSTRE ORIGINI:TRA EQUI E ROMANI


Redazione-La piana del Cavaliere situata alle falde dei monti Simbruini e confinante con le provincie di Roma e Rieti, è stata per secoli sede di uno dei più grandi e forti popoli della penisola: gli Equi.
Vissuti in queste terre fin dal 1750 a.c. Provenienti dal nord Europa, furono tra quei popoli che ebbero la forza e il coraggio di marciare più volte e a più riprese contro l'esercito che dominerà l'Europa e parte dell'Asia, l'esercito romano. Nel 1184 a.c. uniti con i Volsci, i Sabini, gli Etruschi e gli Umbri, riuscirono a cacciare i Pelasgi che a quel tempo dominavano nella penisola. Virgilio ci narra che questi popoli erano condotti da Messapo e Marenzo condottieri etruschi, e Ufente capitano equo.
Per oltre due secoli gli Equi hanno combattuto Roma, riportando sempre delle vittorie e infliggendo ai romani delle grosse perdite. Coriolano alla testa di Equi e Volsci riuscì ad entrare nella città eterna, nei pressi dei colli Albani, saccheggiandola e dando vita ad ogni tipo di rappresaglia. Potevano benissimo impadronirsi della città e forse cambiare la storia, ma la madre Vetruria e la moglie Volummia lo convinsero ad abbandonare e a tornare nei propri territori. Da questo momento furono ripetuti gli attacchi romani, e davanti ad un poderoso esercito gli Equi e i Volsci decisero  ritirarsi ognuno a difendere le proprie città. Questa decisione risultò fatale per entrambi i popoli, visto che uniti avevano sempre avuto la meglio, questa volta in 50 giorni furono annientati. Anche se furono tenuti in gran prestigio, non verranno più menzionati nella storia.
L'indole di questo popolo era basata sulla indissolubilità della famiglia e della patria, sulla difesa della propria terra con la vittoria o con la morte. Erano rispettosi della vita e non avrebbero mai combattuto Roma , se non fossero stati molestati visto che avevano il rispetto delle  proprieta altrui. Ma a Roma serviva uno sbocco nell' Adriadico. Erano considerati istitutori della legge feziale e sacra. Gli Equi erano governati per gli affari civili, militari e religiosi da un MEDIXTUTICUS. Virgilio ci narra che l'uomo equo era solito coltivare il proprio terreno armato. Tra le loro armi ricordo  le frecce di selce e di bronzo, la fionda e lo sparo simile al pillo romano, oltre a spade e scudi. Un'arma che i romani copiarono a questo popolo fu la taga, piccola spada posta sul braccio. Indossavano elmi di bronzo con delle creste superbe. Si riunivano in determinati luoghi per prendere qualsiasi decisione e adoravano solo il loro Giano. L'impero Equo era formato da città tutte indipendenti tra di loro. Esse erano: Trebe ( Trevi ), Nersae ( Nesce frazione di Pescorocchiano ), Vitellia ( Bellegra ), Tibur (Tivoli), Affilae (Affile) e l'antica Carseoli, che all'epoca era situata nel territorio del comune di Oricola, più precisamente nei pressi dell'attuale Civita di Oricola, sui suoi incantevoli sei colli. Il territorio equo era dunque compreso tra Nesce, Tivoli e Trevi, e Carseoli si trovava proprio al centro, e forse è per questo che è stata la città più grande, che ha raggiunto anche i 50000 abitanti. Ebbe una potente e massiccia conduttura di acqua, proveniente da Vivaro Romano, grazie ad un acquedotto di un metro per lato, chiamato tutt'oggi Muru Portusu. fu cinta da tre diverse foggia di mura.
Ebbe anfiteatro, tombe e templi. Vi fu residente l'imperatore Massimino, vi passarono Ottone primo e secondo. Quest'ultimo, al dire del Pieralice vi costruì un palazzo in località Campo. Vi dimorarono gli imperatori Claudio e Nerone e il grande scrittore Ovidio vi soggiornava durante i suoi viaggi a Roma. L'antica Carseoli, malgrado le pesanti perdite resistette all'attacco di Annibbale, che tanto sgomento causò nell'antica Roma. La città eterna vi inviò 4000 famiglie. Fu devastata durante la guerra marsa, resistette alle dominazioni franche e normanne, ma dovette cedere ad Agilulfo re dei Longobardi, ai Saraceni e agli Ungari. Una bolla di Onorio III afferma che ancora esisteva nel 1217. La distruzione definitiva avvenne da parte di Federico II, reduce dalla Puglia nel 1242 . La maggior parte dei sopravvissuti si rifugiarono ad Oricola, che era stato sempre un oppido fortificato di Carseoli, ed  oggi risulta la vera e leggittima erede. Una piccola parte diede origine all'attuale città di Carsoli, mentre altri andarono nei paesi limitrofi. Nella nostra zona sono molti i cognomi romani, ma le vere origini, forse provengono da quel popolo, che con la tenacia e l'astuzia ha tenuto testa per secoli ad un impero che solo un tradimento poteva far declinare.
La piana del cavaliere inizialmente era chiamata  Ager Carseolanum, ovvero pianura carseolana, dal nome dell'antica metropoli. Il nome attuale nasce intorno al 600 d. c., da una disavventura di un cavaliere recatosi in questo luogo. Costui mentre tornava dalla caccia, si trovò in serio pericolo e trovò rifugio presso un pastore del posto. Giunto a Roma pregò i Colonnesi di edificare una struttura che potesse accogliere i viandanti. Il locale fu chiamato osteria del Cavaliere, e la piana ne assunse il nome.
(di Angelo Minati)

Il Verbasco di Santa Lucia di Fiamignano

Verbascum

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Progetto:Forme di vita/Come leggere il tassoboxCome leggere il tassobox
Verbascum
Starr 040723-0074 Verbascum thapsus.jpg
Verbascum thapsus
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoPlantae
DivisioneMagnoliophyta
OrdineScrophulariales
FamigliaScrophulariaceae
GenereVerbascum
L.
Specie
  • Vedi testo
Verbascum L. è un genere di piante della famiglia Scrophulariaceae.


Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome Verbascum deriva dalla radice virb (proprio anche alla Verbena) che significa verga. Il nome greco invece, phlomos, ha una radice preindoeuropea che è riconducibile a bhle, che significa gonfiarsi, ma anche brillare. Questo deriva dal fatto che la pianta era usata come stoppino per le lucerne fin da tempi antichissimi; anche in accadico il nome della pianta vuole dire lucerna[1]

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Originario dell'Europa e dell'Asia, è presente con alcune specie anche in Italia.

Specie[modifica | modifica wikitesto]

Il genere Verbascum comprende circa 30 specie di piante erbacee perenni ed annuali:[2]

Componenti principali[modifica | modifica wikitesto]

Nel fusto[modifica | modifica wikitesto]

Glucosidi, flavonidi, flavonoidi, esperidina, mucillagine, saponine, fitosteroli, verbascosaponina, esperidina, arpagoside, iridoidi, rutina, lutedina, apigenina, aucubina.

Nei fiori[modifica | modifica wikitesto]

Olio essenziale che contiene: Acidi fenilccarbossilici, acido caffeico, acido ferulico, acido protocatechico, idrati di carbonio, alcaloidi simil-papavero.

Usi[modifica | modifica wikitesto]

Avvertenza
Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
In erboristeria sono utilizzati fiori e foglie che vengono utilizzate per:
Le foglie del tasso barbasso offrono gradito nutrimento alla coturnice.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

 

Botanica Portale Botanica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di botanica
Estratto da "https://it.wikipedia.org/w/index.php?title=Verbascum&oldid=79451719"

Via Cecilia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La Via Cecilia (o Caecilia), è una via romana che staccandosi dalla Via Salaria al 35º miglio da Roma raggiungeva la costa adriatica.


Percorso[modifica | modifica wikitesto]

Il suo percorso costeggiava Amiternum (nella piana di L'Aquila e raggiungeva anche Hatria (l'odierna Atri). Un ramo della via Cecilia attraversava anche Interamnia Praetuttiorum (Teramo) (dopo aver oltrepassato la limitrofa Necropoli di Ponte Messato) e quindi probabilmente raggiungeva la costa a Castrum Novum (Giulianova), a una distanza di circa 151 miglia da Roma.
Vi è incertezza su chi sia stato il costruttore della via Cecilia, che potrebbe identificarsi con il console Lucio Cecilio Metello Calvo nel 142 a.C. oppure con Lucio Cecilio Metello Diademato nel 117 a.C.
Anche il percorso della via Cecilia è alquanto incerto e in fase di discussione. Al riguardo vi sono due documenti: un'iscrizione rinvenuta a Roma, vicino Porta Collina, con la quale si ricorda l'appalto di alcune opere di risistemazione della via la cui datazione potrebbe essere del periodo di Silla; il secondo documento è una pietra miliare ritrovata a Sant'Omero, in provincia di Teramo, nel territorio del Piceno. In questa pietra si citano il console L. Caecilius Q.f. Metellus, che si presume possa essere il costruttore della via, e la distanza da Roma è di 119 miglia.

Reperti[modifica | modifica wikitesto]



La Via Cecilia lungo la Strada maestra del Parco in prossimità del bivio per il Lago di Campotosto e nei pressi del Passo delle Capannelle, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga
Le due iscrizioni, si riferiscono al tratto iniziale e al tratto finale della via Cecilia e quindi non danno indicazioni sul suo percorso intermedio nella regione della Sabina.
L'opinione diffusa tra gli studiosi, che trova un riscontro negli atlanti storici, la Cecilia si distaccava dalla Salaria in territorio sabino (nella zona di Trebula Mutuesca, a monte di Rieti come appare nella mappa del Barrington Atlas), avrebbe poi costeggiato Amiternum a sud dell'Anfiteatro dove sono visibili gli scavi di un tratto della stessa, passava rasente il teatro dove poco dopo c'è un grande sepolcro e superava lo spartiacque appenninico, con un percorso incerto (attuale via Teramana di Marruci o in linea retta ad Arischia dove c'è il resto di un sepolcro), in quello che oggi si chiama il Passo delle Capannelle, a 1300 m sul livello del mare, per poi scendere la valle del Vomanus (Vomano) che divide la catena del Gran Sasso dalla catena dei Monti della Laga.
Dopo le Capannelle, in località Porcinari, esisteva un tratto visibile con le "crepedines" ancora "in situ" e in località Paladini ritrovati i resti del pilone di un ponte.
Altre pietre miliari sono state trovate nella zona di Poggio Umbricchio (il cippo indicante il miglio romano CIIII conservato nella locale chiesa) e a Valle San Giovanni (il cippo indicante il miglio CXIIII).
Gerhard Radke, studioso e autore della pubblicazione sulle Viae publicae Romanae nella Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft, ha però contestato l'opinione comune, poggiando la sua tesi sul fatto che una via di grande comunicazione romana con poca probabilità avrebbe seguito un percorso impervio come quello appena indicato.
Radke è invece dell'opinione che la via Cecilia ricalcasse esattamente, nella prima parte, la vecchia via Salaria; da Ascoli si sarebbe diretta verso Castrum Novum (l'odierna Giulianova) e Hadria (l'odierna Atri). Il prolungamento della Cecilia dunque avrebbe sostanzialmente interessato solamente l'area che in età augustea farà parte della regio V Picenum.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giammario Sgattoni, Strade e commerci di ieri e di oggi. Scoperto a Valle San Giovanni un "miliario" della "Via del Batino", in Notizie dell'Economia, Teramo, Camera di Commercio, anno 1993, nn.3-4, pp. 60–66;
  • Giammario Sgattoni, Strade e commerci di ieri e di oggi. Roma attraversò le montagne per i traffici con Hatria e Interamnia, in Notizie dell'Economia, Teramo, Camera di Commercio, anno 1993, nn.5-6, pp. 97–106;
  • Valentina Savini e Vincenzo Torrieri, La Via Sacra d'Interamnia alla luce dei recenti scavi, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Abruzzo, Teramo, 2002;
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