sabato 9 dicembre 2017

Una mia vecchia lettera al giornale interno della BI l'UNIONE, credo mai pubblicata.
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Gent.mo signor direttore
Oso sperare nella sua magnanimità volta a concedere voce sul suo giornale ad un vetusto aderente alla sigla sindacale di riferimento da oltre quaratantaquattro anni, ininterrottamente dal primo febbraio 1960, ad onta dei cambiamenti di nome.
Scheletricamente, perché tante sono le cose che vorrei dire e poco può essere lo spazio che pur generosamente mi potrà venire accordato, formulo a mo’ di domanda o di questito e talora di aforisma o di apodittica supponenza quanto andrò asteriscando.
Soprattutto vivi rallegramenti per l’ultimo numero d L’Unione che mi è giunto per posta sia pure tardivamente (il 20/2 quando da due giorni era passato il convegno CGIL che in definitiva è l’oggetto delle mie presenti riflessioni).
Vi è un’ampia e coraggiosa panoramica sull’argomento del giorno: l’attacco alla BI. Ho molto apprezzato l’articolo di fondo del mio amico Ugo Onelli, Ho dovuto erudirmi con le sagge considerazioni di P. Brunetti. Il pirandellismo di M. Stancampiano come al solito risente del suo essere stato altissimo dirigente vecchio stile. Ma – mi si consenta – quella stella rossa (colore a me graditissimo) a dieci punte ed i nomi di quei convegnisti (non tutti, s’intende) mi pare che spirino in senso avverso. Perché?
• noi ci sbilanciamo a difendere una istituzione che poi si fa condannare per “comportamento antisindacale”,
• crediamo nel bilanciamento dei poteri includendovi un ente retto da un “consiglio superiore” composto da emerti carneadi, eletto da insignificanti fondazioni o simili ( e credo che dopo la privatizzazione selvaggia il mio appunto non è più mera contrapposizione ideologica come mi si rimproverava un tempo), e soprattutto con poteri smisurati e con riferenti occulti che chissà quanto hanno a che fare con la democrazia o cosa pensano della “concezione alta, etica e liberale nell’amministrazione degli interessi pubblici e generali dello stato”, che il mio amico Onelli puntigliosamente ed encomiabilmente rivendica;
• dovremmo svenarci in difesa di un governatore (che infausto nome!) quanto democraticamente prescelto o imposto Dio solo sa;
• siamo chiamati ad una guerra di religione in difesa di chi dorotta 38 milioni di euro da un sedicente fondo pensioni ad alleviamento delle posizioni di illiquidità di banche rette(e l’ambivalenza del termine voglio sottolinerla) da ex applicati BI determitatesi da simbiosi come dire “conservatrici”, lattiginose et similia;
• da siciliano devo convergere con chi vuole esaltare una vigilanza creditizia che dissolto settecento aziende di credito siciliane residuandole a sette di cui due sono rimaste isolane per modo di dire (Banco di Sicilia e Banca di Palermo, alias Sella: ma i tanti tranfughi BI – che Stancampiano esalta – ai vari apici dovrebbero titillare il mio orgoglio di essere anch’io della consorteria (ma non ci riesco);
• si falcidiano stipendi, pensioni, si aboliscono nefande clausole oro etc. e poi i fondi (a suo tempo ceduti da Andreini per una iscrizioni in massa all’INPS) possono dare la stura ad aggiramenti di divieti statutari con partecipazioni improvvide o con sottoscrizioni di diavolerie contrastanti con le sagge visioni nostrane e che portano il nome di certe mirabilanti film alla 007;
• per di più si finge di ignorare che essendosi stabilito l’aggravio diretto sul conto economico, il correlato fondo non so quanto collimi con i vincoli della chiarezza e precisione del bilancio. Nella relazione annuale stento a trovare spiegazioni, delucidazioni, avvertenze cronistorie: si vede che ormai la mia idoneità a leggere nei bilanci – come mi aveva addestrato l’ispettorato viglianza – è del tutto evaporata.
• Ma, al di là dell’aneddotica – che ognuno può raccontarsi a suo piacimento – lo snodo è quello dell’equilibrato rapporto tra tecnocrazia e politica: se citiamo Gramsci – a pag. 5 de “l’Unione”, in fondo – non dovremo avere incertezze. La BI è tecnostruttura con non condivisibili tendenze al sovraordinamento ed all’insofferenza verso forme di controllo politico. Da gramsciano mi piacerebbe il ribaltamento di questa teoria della BI dell’essere al “di sopra delle parti” e di pretendere dai propri dipendenti – specie se ispettori di vigilanza – “fedeltà” all’Istituto, tralasciando ogni altra sensibilità , foss’anche costituzionale. Chi scrive ebbe a farne le spese sulla sua pelle sotto e con Colui oggi al vertice della Repubblica Italiana.
• La recente disavventtura di un ispettore – un tempo a sinistra con me – pescato da intercettazioni giudiziarie finite impietosamente sui mass-media segna una meridiana del ribellismo serpeggiante nel prestigioso ganglo della vigilanza bancaria di via Nazionale. E quello che emerge è ben poca cosa rispetto al disagio anche morale che ogni mente libera ivi patisce. Il sindacato CGIL della BI non può starsene estraneo, indifferente. Già, vedasi il Gramsci citato dall’Unione.
• E se la CGIL nazionale con qualche membro della segreteria che mi pare non alieno da simpatie verso il vertice di Capitalia indice convegni coordinati da chi riduce la lotta a Fazio in una querelle inelegante, ospita un fascista – ed io purtroppo ho ripudii non superabili dai presenti funambulismi revisionistici – e soprattutto dà spazio al deputato UDC, che in sede parlamentare un’apodittica stroncatura dell’attuale vertice BI, francamente resto sconcertato.
• Vogliamo allora discuterne in casa? Vogliamo sensibilizzare il Governatore a dimettersi perché – escluse colpe o imprudenze di ogni sorta - ha obbiettivamente per la Parmalat, per la Cirio e se andiamo tra le segrete cose nelle varie ispezioni a banche d’élite è stato disattento, sbagliato, e chi sbaglia deve pagare.
• Ed ha sbagliato perché non può venire assolto dal sospetto di avere spinto le banche a tralasciare l’intermediazione creditizia, all’italiama, per opzioni intermediatrici in borsa, con l’offa della provvigione dai servizi al posto dello spreed tra tassi attivi e passivi,
• perché non si può escludere d’averle spinte a dissolvere i depositi che l’obbligo costituzionale della difesa del risparmio le imponeva – e ciò forse solo per indolenza, per non assumersi l’onere dell’intervento riparatore in caso di involvenza bancaria;
• perché non ha sbaraccato tutti gli inceppi censori umilianti ed inceppanti la liberttà di espressione degli ispettori di vigilanza (senior, commissioni consultive, estranee valutazioni legali etc.), che come si è visto mette sull’orlo di una crisi di nervi i più valenti ispettori di vigilanza,
• perché si utilizza una legge bancaria con istituti striduli con la Costituzione (segreto d’ufficio anche nelle procedure del’assolvimento dell’obbligo di rapporto; art. 92 l.b. in cui la BI è al contempo giudice, organo istruttorio e persino cancelliere, pure in casi in cui l’accusata è la stessa BI).
Le dimissioni del Governatore – che sicuramente sarebbero per Lui, apprezzatissimo gentiluomo e generosissimo benefattore – in atto, del resto, dove approderebbero? Con l’invalso sistema della partenogenesi delle nomine in seno al Direttorio, scavalcato De Sario, per evidenti intralci di età, avrebbe un Governatore a nome CIOCCA. Quod est in votis almeno per me.
Sono d’accordo che sindacato non è cogestione. Ma il rosario di quesioni che ho – sia pure maldestramente – sciorinato investe la democrazia, il tessuto economico e sociale, la crescita umana (sono convinto che politica è soprattutto politica economica, magari in senso marxista). La mia vecchia UNIONE non può restare indifferente, secondo i dettami di Gramsci, appunto. Discutiamone, quindi.
Calogero Taverna

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